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La difficoltà di fare il ritrattoE' possibile, oggi come oggi, ritornare a dipingere il ritratto? Non è, questa, una domanda retorica. I dubbi sul dare una risposta affermativa ad un simile interrogativo, a mio avviso, sono senz'altro fondati. Sono dubbi che nascono dalla generale situazione negativa del nostro tempo di violenze e sopraffazioni. Se, infatti, c'è un tempo in cui l'integrità dell'uomo è stata minacciata è quello che stiamo vivendo. Quanti saggi, libri, inchieste, in questi ultimi anni, abbiamo potuto leggere sul tema dell'alienazione, sulla riduzione dell'uomo da soggetto a oggetto della storia, sulla sua perdita d'identità. Tali giudizi e riflessioni non sono certamente da considerarsi falsi o gratuiti. Che l'uomo sia derubato da se stesso, che la sua più viva sostanza spirituale sia minacciata da mille messaggi ambigui, che la sua libertà sia sostituita dalle tecniche più raffinate di un'informazione fuorviante, sono fatti che ci è dato constatare ogni giorno. E allora come si fa a rappresentare l'immagine dell'uomo, il suo volto, la sua fisionomia come se nulla di tutto ciò sia accaduto o accada?. Non è pių giusto allora dimostrare esplicitamente una tale realtà negativa, frantumando il linguaggio e l'immagine stessa dell'uomo, dichiarando cioè anche nei modi dell'espressione di non poter dare come armonicamente esistente una realtà umana cosė degradata e dispersa?. E' su un ragionamento del genere che s'appoggia la rottura linguistica di tante esperienze radicali. Ma fino a che punto è convincente la conclusione a cui un simile ragionamento, pur giustificato in alcuni dei suoi presupposti, conduce o può condurre l'artista? Non è forse possibile, senza ignorare una tale realtà negativa, esprimerne invece il senso con l'evidenza stessa dell'immagine? Non è ciò che fa Bacon o Giacometti? Ma poi: il giudizio sulla dispersione dei valori individuali della persona umana è davvero da intendersi in una accezione così assoluta e drastica? Ecco, sono questi i problemi che oggi stanno davanti a un artista che si pone di fronte al tema del ritratto. Se li è trovati davanti anche Wanda Broggi nell'impresa di cui queste pagine compongono il documento: e non importa se, nell'affrontarli, la coscienza di essi ha potuto o può anche non essere definita criticamente in ogni circostanza del suo rapporto coi personaggi. Un'immagine di freddo splendore Ciò che importa, per un artista, non è tanto la coscienza critica quanto la percezione creativa dei problemi in cui viene coinvolto. E tale percezione per la Broggi c'è stata, è vivamente riscontrabile nelle immagini che, una dopo l'altra, si dispiegano ormai dinanzi ai nostri occhi. Anche per lei le difficoltà di "fare" il ritratto non sono state di natura tecnica o di gusto. Sono difficoltà "vere", implicite cioè nell'usura della personalità a cui l'uomo è sottoposto dalla situazione contemporanea. Nella separatezza che, nella vita attuale, isola un essere dall'altro, è ben difficile raggiungere e penetrare il segreto di un proprio simile, oltre all'ipotesi di scoprire che gli uomini, come nella famosa poesia di Eliot,
sono irrimediabilmente "vuoti".
Questo è forse il motivo per cui Wanda Broggi, prima di arrivare al ritratto, ha dipinto le maschere, cioè l'apparenza fittizia dell'uomo, lo schermo dietro cui si nasconde o si difende, o addirittura l'inganno visivo che ne cela l'assenza. E' almeno dal '73 che ha cominciato a dipingere le sue prime "maschere": maschere e manichini per uno scintillante teatro dell'assurdo, per una pantomima senza trama nè esito finale. Drappi, poltrone, piume, mantiglie, che gremivano la superficie dello spazio plastico, costituivano l'arredo di tale recita senza soggetto: soggetto era il dubbio medesimo, erano i suoi interrogativi senza risposta, che tuttavia Wanda si poneva con lucidità, con cristallina decisione. Di una tale decisione, però, la Broggi si era intanto fatto uno stile, un linguaggio preciso, privo di tremori sentimentali e di indeterminatezze. Il freddo splendore cromatico delle sue tele, la nitida rappresentazione delle loro immagini rappresentavano il segno di una ricerca che, senza rinunciare ai caratteri stilistici della "bellezza", ne controllava tuttavia le possibilità con sicura acutezza intellettuale. Ma, agli interrogativi posti, Wanda ha voluto rispondere. E la risposta sono i "ritratti" dipinti in questi due ultimi anni. Qui, dunque, è il personaggio che appare, è l'uomo col suo volto, il suo corpo, il suo ambiente. Tutti i dubbi sono allora finiti? Si guardino queste nuove immagini femminili e virili: non è mutata la luce, non ha perduto il suo freddo splendore la tesa stesura dei colori, non è venuta meno la conclusa definitezza delle immagini. Mario De Micheli
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